È un esordio quello di Alice Cucaro, un disco semplice, prodotto con stile, con coraggio, con sprazzi di futuro e ancore solide di passato. C’è la vita ma anche la bellezza di una consapevolezza dentro un suono che, viste le liriche e la dolcezza, sarebbe stato semplice lasciare nudo di suoni acustici… e qui ha giocato un ruolo importante la figura di Enrico Dolcetto in produzione. Il risultato è questo “Una parte di me”… e noi lo illuminiamo ma sempre senza fare rumore.

Estetica e bellezza esteriore. E poi il messaggio nascosto tra le pieghe. Come gestisci questo equilibrio?
In realtà ci sono brani in cui risiede molta bruttezza. Astronavi parla di depressione e cure farmacologiche, anni con la faccia scavata, ingrigita ed un corpo che non mi assomigliava per niente. Mi cucio le ali parla di sogni infantili tragicamente infranti con l’età adulta. Troppo tardi parla di una separazione. In una parte di me mi racconto come se fossi una statua deformata o una piuma ricoperta di catrame. Invece in altri si parla di luce e fioriture. Gentilezza, amore, amicizia e casa. Sono bellezze sì, ma che vanno ben oltre quelle esteriori.

Pensi di aver riversato la tua femminilità nella scrittura oppure hai cercato altro?
Sicuramente c’è molta femminilità, per com’è il mio modo di essere era inevitabile venisse fuori un album prevalentemente “rosa” diciamo. Ma ci sono tante altre sfumature, che anche qui vanno oltre al genere e al modo di porsi nella vita.

Per te quanto conta il lato estetico delle cose? La bellezza da mostrare…
A me piace sentirmi bella dentro e fuori ma non per apparire, ma semplicemente per stare bene con me stessa. Sono dell’idea che se coltivi la bellezza dentro poi questa ti illumina automaticamente anche al di fuori. C’era una canzone che ascoltavo sempre da ragazzina degli Alter Bridge che diceva “How can you love someone and not yourself?” Coltivo la bellezza in tutte le sue forme, per amare e per amarmi.

Te lo chiedo perché in questo disco ci sono brani dove sei “nuda” ed altri dove vesti alla moda… cosa ti appartiene per davvero?
Sono ancora alla ricerca di ciò che mi appartiene veramente. Perché ho anche un lato anche rock, meno convenzionale e che ho coltivato per anni, mi manca molto in questo album. Ma mi appartengono anche le melodie delicate come Disegnarti, sonorità un po’ più alla moda come Roller Coaster (ci sono giorni in cui ascolto i Bring Me The Horizon e altri in cui mi sparo Annalisa a palla in macchina) non saprei davvero dove collocarmi definitivamente. Poi la musica mi piace tutta, indipendentemente dai generi o altro.

E questo disco che cosa ha seminato dentro di te? La voglia di sperimentare ancora o di raggiungere la pace dentro un preciso modo di pensare alla forma e al suono?
Voglio sperimentare e continuare a scrivere. Nel mio cuore sento che ho ancora tanto da dire.