Già nel titolo di questo nuovo disco di Carlo Cerclin Re in arte NOVAMERICA è ben chiara la pasta provocatoria e intelligente del suono e della lirica: “A nessuno piace lavorare”. Parliamo di un pop d’autore che trovo in bilico tra il post rock di “A due che come noi” e l’indie pop del singolo “Radio sportiva”. La provincia, il vintage, quel gusto anni ’60 ma anche tanto futuro. Per tutto il nuovo disco di Novamerica si respira la cura estetica di chi sigla con personalità ogni scelta di suono e di forma.

Devo dire che l’estetica per te conta tantissimo e la cosa mi piace. Sottile, non invadente… sono fuori strada?
Sì, l’estetica è molto importante per me in tutto quello che faccio, dalla musica al modo di vestire. Se nel mio album hai trovato qualcosa di sottile e non invadente, sappi che non era la mia intenzione. Dentro di me sento la volontà di spingere e arrivare all’estremo. Nella vita quotidiana, mi piace essere accomodante e non invadente con le persone, ma nella musica sento il bisogno di fare qualcosa che lasci un segno, e quindi anche a livello estetico deve essere “bold,” come dicono gli anglosassoni. Raggiungere questo obiettivo è un percorso artistico lungo e difficile. Spero di riuscirci nei prossimi lavori. 🙂

Nelle foto di copertina c’è un tempo antico. Tra i tuoi vestiti, nel tuo modo di porti, nel mercato di cassette di legno. Il futuro?
Immagino ti riferisca alla copertina del singolo “E se poi”. Sì, mi piace l’estetica vintage perché rispecchia meglio il mio modo di essere. Non posso negare che preferisco un album degli anni ’60, con il suo suono sporco e analogico, rispetto a un album moderno, pulito e digitale. Per quanto riguarda l’abbigliamento, bisogna considerare che vestirsi in modo moderno con capi di qualità richiederebbe una spesa notevole, che non posso permettermi. È anche per questo che opto per i vestiti di seconda mano; mi piace farmi un giro nei negozi di usato quando sono in qualche grande città.

Penso che la copertina sia una foto reale… non mi stupirebbe. Cosa c’è davvero dietro questo titolo? Una provocazione o un dato di fatto?
In realtà, la copertina dell’album è un fotomontaggio. Il titolo “A nessuno piace lavorare ” è sia una provocazione che un dato di fatto. Prima di tutto, penso che a pochissime persone piaccia veramente lavorare (beati loro). La domanda che dovremmo sempre porci è se stiamo bilanciando bene i vari aspetti della nostra vita: lavoro, famiglia, amici, passioni, cultura, crescita spirituale ecc. Forse la mia provocazione vuole suscitare proprio questa domanda esistenziale nelle persone.

Perché in fondo ho trovato questo lavoro denso di provocazioni… vero?
Speriamo ce ne siano, perché in un prodotto artistico le provocazioni sono necessarie. Forse ne ho inserite molte inconsciamente, senza nemmeno rendermene conto.

Ci dici perché il post rock di “A due che come noi” non appare così sfacciato nel resto del disco? A fine corsa, che significato ha la distorsione?
Non so dirtelo, non è stata una scelta consapevole. Sono contento perchè l’animo rock di questo brano viene percepito bene anche dal pubblico quando lo eseguiamo live. Mentre lo stavo componendo mi immaginavo le persone ballare e alzare le mani al suono della cassa dritta e del basso incalzante, e questo è effettivamente successo ai nostri concerti. È bello quando si riesce a indovinare la reazione che la gente avrà nei confronti della propria arte.